
L’addome acuto è una sindrome clinica che riunisce quadri di eziologia diversa ma con una caratteristica comune: la comparsa improvvisa di dolore addominale spesso associato a disturbi della canalizzazione intestinale. A causa della sua potenziale letalità nel breve termine richiede un approccio diagnostico e terapeutico immediato e strutturato; per l’infermiere significa saper riconoscere rapidamente segni e sintomi che richiedono un intervento urgente e saper integrare anamnesi, esame obiettivo e indagini strumentali per orientare il percorso diagnostico.
Dal punto di vista classificativo, è utile distinguere se la patologia che ha scatenato l’addome acuto è di competenza prevalentemente chirurgica o prevalentemente medica. In pratica, in emergenza è più importante riconoscere il profilo sindromico per proiettarci su una diagnosi piuttosto che un'altra: tra le forme chirurgiche si incontrano la sindrome peritonitica, la sindrome occlusiva e la sindrome vascolare; alle forme non chirurgiche appartengono invece quadri come alcune pancreatiti, enterocoliti infettive o altre patologie internistiche che possono inizialmente simulare un quadro addominale chirurgico.
L’approccio clinico in emergenza si articola inevitabilmente in:
- anamnesi,
- esame obiettivo
- diagnostica di laboratorio
- diagnostica strumentale.
L’anamnesi deve essere mirata e rapida: occorre indagare con precisione le caratteristiche del dolore (sede di insorgenza, modalità di comparsa, intensità e suo andamento temporale), i sintomi associati come nausea, vomito o febbre, l’eventuale arresto del transito intestinale, la storia patologica e farmacologica rilevante e negli accertamenti essenziali anche la storia ginecologica nelle pazienti in età fertile.
Il dolore addominale merita un’attenzione particolare. Può presentarsi inizialmente scarsamente localizzato, con una sensazione di dolore mediano o viscerale che suggerisce un coinvolgimento di un viscere non ancora evoluto in peritonite; in questi casi le possibili cause includono occlusione intestinale, enterocoliti infettive o patologie sistemiche. Quando il dolore è localizzato, il ragionamento diagnostico deve indirizzarsi in base alla topografia: per esempio l’ipocondrio destro orienta verso patologie biliari, epatiche o duodenali; la fossa iliaca destra suggerisce appendicite, ileite terminale o patologie ileocecali; l’epigastrio richiama alla mente pancreatite, ulcera gastroduodenale o, non meno importante, un possibile infarto miocardico postero-inferiore; l’ipocondrio sinistro può essere sede di problemi splenici; la fossa iliaca sinistra è tipica della diverticolite o di patologie del sigma; l’ipogastrio rimanda a cause urologiche o ginecologiche come ritenzione urinaria o gravidanza ectopica. Queste correlazioni topografiche guidano le priorità diagnostiche e le scelte terapeutiche immediate.
All’esame obiettivo l’infermiere osserva l’atteggiamento del paziente: nella peritonite il paziente tende a rimanere immobile per evitare dolore, mostra respirazione prevalentemente toracica e una immobilità addominale; al contrario chi ha una colica renale è spesso irrequieto e si muove continuamente. La palpazione può mettere in evidenza contrattura di difesa e dolorabilità con segni di irritazione peritoneale, che nelle peritoniti da perforazione compaiono in modo improvviso e possono rapidamente estendersi a tutto l’addome. La percussione può evidenziare pneumoperitoneo nelle perforazioni (con la classica falce d’aria sottodiaframmatica all’Rx diretto in ortostatismo) o timpanismo diffuso in caso di ileo paralitico. L’auscultazione è informativa: il silenzio addominale è tipico dell’ileo paralitico associato a peritonite, mentre nell’occlusione meccanica iniziale possono esserci toni metallici sincronizzati con le ondate dolorose, poi progressivo ridursi dei rumori peristaltici.
È importante riconoscere i tre quadri sindromici principali di competenza chirurgica. Nella sindrome peritonitica il dolore è continuo, intenso e aumenta con il movimento; la presentazione può variare a seconda dell’organo coinvolto (es. iniziale epigastrico e successivo spostamento in fossa iliaca destra nell’appendicite classica). La peritonite si accompagna a segni generali di gravità come facies ipocritica, sudorazione fredda, polso piccolo e frequente, segni di shock e, spesso, febbre con un “delta” rettale-ascellare significativo; l’addome è tipicamente silenzioso alla auscultazione. Nella sindrome occlusiva, il quadro semeiologico fondamentale è la triade dolore peristaltico, vomito e arresto del transito; il dolore nell’ileo meccanico è colico, a ondate, e la sua evoluzione temporale (crisi parossistiche alternate a periodi di benessere) insieme ai rumori idroaerei caratteristici aiuta a distinguere occlusione alta da occlusione bassa. È fondamentale riconoscere precocemente l’occlusione con strangolamento: in questi casi il dolore diventa acuto, ben localizzato e costante, spesso associato a segni di irritazione peritoneale. La sindrome vascolare comprende invece quadri potenzialmente catastrofici come la rottura di aneurisma aortico addominale, l’infarto intestinale e la rottura di gravidanza extrauterina; in questi pazienti anamnesi, fattori di rischio cardiovascolari, dolore addominale di tipo anginoso o un improvviso peggioramento del quadro clinico devono mantenere alto il sospetto di ischemia o emorragia interna.
Dal punto di vista degli esami di laboratorio, l’infermiere e il team richiedono prontamente emocromo con formula, emogruppo e prove crociate se è ipotizzabile un sanguinamento significativo, creatininemia e azotemia per valutare la funzione renale, dosaggio degli elettroliti per identificare deplezioni tipiche nella sindrome occlusiva, amilasi e lipasi per sospettare pancreatite (la lipasi è più specifica), lattato che può aumentare nell’ischemia mesenterica, transaminasi e LDH che possono salire anche in quadri ischemici o biliari, bilirubinemia per sospettare patologie bilio-pancreatiche e gli assetti coagulativi (PT, PTT, fibrinogeno, AT III) in caso di sospetta coagulazione intravascolare disseminata. L’esame delle urine è utile nel sospetto di patologia renale o urinaria e il test di gravidanza (b-HCG) va eseguito sempre nelle donne in età fertile per escludere una gravidanza ectopica.
La diagnostica strumentale è complementare e immediata: un ECG a 12 derivazioni deve essere eseguito per escludere un infarto infero-posteriore che talvolta si presenta con dolore addominale; il monitoraggio ossimetrico è fondamentale per garantire SpO₂ > 90%; l’Rx torace può rivelare patologie polmonari o cardiache responsabili del quadro; la Rx diretta dell’addome in ortostatismo è molto utile per evidenziare pneumoperitoneo o livelli idro-aerei; l’ecografia addominale è un esame rapido e informativo nei casi di colecistite, versamento libero, ascessi o sospetto di gravidanza ectopica. Quando la situazione lo consente e il caso lo richiede, la TC addome consente un approfondimento diagnostico di alta precisione per pancreatiti, aneurismi, diverticoliti, corpi estranei o gravidanze extrauterine; in casi selezionati l’angiografia può essere decisiva per diagnosticare ischemia intestinale acuta.
In ambito extraospedaliero il principio è sempre lo stesso: ospedalizzare immediatamente il paziente con sospetto di addome acuto, mantenendo adeguata ossigenazione, pervietà delle vie aeree e monitoraggio continuo. Durante il trasporto è utile il monitoraggio ECG, la pressione arteriosa non invasiva e la pulsossimetria; il paziente incosciente o che vomita va trasportato in decubito laterale per proteggere le vie aeree. Va assicurato un accesso venoso e la somministrazione rapida di cristalloidi quando indicata, evitando volumi eccessivi se esistono segni di congestione polmonare. L’analgesia endovenosa è consigliata per controllare il dolore ma va preferita con farmaci che non possano mascherare segni clinici importanti (le linee guida raccomandano l'uso del tramadolo 100 mg in 100 ml di NaCl- ); in presenza di nausea e vomito si può somministrare metoclopramide 10 mg in 100 ml.
All’arrivo in pronto soccorso si richiede la pronta valutazione del chirurgo d’urgenza: le priorità sono la stabilizzazione delle funzioni vitali secondo lo schema A-B-C e la ricerca immediata e il trattamento delle condizioni che mettono in pericolo la vita come l’aneurisma aortico rotto, la rottura splenica, la gravidanza ectopica in rottura o l’infarto miocardico. All’atto della stabilizzazione primaria si eseguono ECG e prelievi per esami ematochimici, emogasanalisi arteriosa per valutare ossigenazione e equilibrio acido-base, e si mantiene monitoraggio della SpO2 continuo. L’ossigeno e i liquidi (con soluzioni cristalloidi, con maggiore rapidità nel caso di ipotensione) sono terapie iniziali imprescindibili; nel paziente anziano è importante ricordare che la “normale” pressione arteriosa di base è spesso più alta e che valori assoluti vanno interpretati in relazione allo stato clinico del singolo paziente: un’ipotensione in un iperteso cronico può manifestarsi già con valori intorno a 100 mmHg.
Trattamento
La terapia antibiotica nelle forme con sospetta peritonite o sepsi va avviata tempestivamente; le associazioni suggerite nelle ultime indicazioni variano in base alla gravità clinica e includono combinazioni con aminoglicosidi e metronidazolo, piperacillina-tazobactam, cefalosporine di terza generazione con metronidazolo, aztreonam con clindamicina o carbapenemi nei casi più gravi, mentre in pazienti più stabili si possono usare cefalosporine di seconda generazione, ampicillina-sulbactam o ticarcillina-acido clavulanico. La scelta antibiotica, come sempre, va personalizzata in base al quadro clinico, alle allergie note e ai protocolli locali.
Per l’infermiere, quindi, la gestione dell’addome acuto richiede non solo abilità tecniche (monitoraggio, accessi venosi, somministrazione di ossigeno e farmaci) ma anche capacità di valutazione clinica, tempestività nella comunicazione con il team medico-chirurgico e attenzione alla documentazione e ai parametri da monitorare. Riconoscere i segni che suggeriscono la necessità di un intervento chirurgico urgente, individuare possibili cause extraaddominali e avviare rapidamente gli accertamenti di laboratorio e strumentali possono fare la differenza nella prognosi del paziente.
Bibliografia
Balzanelli MG. et al.Addome acuto: approccio in emergenza. In: M.G. Balzanelli,A. Gullo. Manuale di Medicina di Emergenza e Pronto Soccorso, III Ed., CIC Edizioni Internazionali, Roma,
2011, pag. 1053-1086.

Salva e stampa questa flashcard per averla sempre con te a lavoro!